Grande progetto ex testimoni di Geova – prima stupenda esperienza.

TESTIMONE DI GEOVA PRIMA

TESTIMONE DI ME STESSO ORA

Mi chiamo S. P. sono nato in provincia di Forli-Cesena. Sono cresciuto in una famiglia di credenti e attivi testimoni di Geova e sono l’ultimo di 3 figli.

Ho due sorelle maggiori ed essendo l’ultimo figlio, per di più maschio, sono stato quello che si definisce in gergo, il “cocco” della famiglia.

Premetto che all’epoca, i miei genitori quarantenni, erano nella setta dei testimoni di Geova già da 20 anni.

La prima a incontrare questa setta fu mia madre, all’età di 19 anni, quando gli fecero visita due testimoni, mia madre era sola con mia sorella neonata e mio padre era in servizio militare negli alpini.

Discorsi di un mondo migliore, di una vita eterna e della risurrezione dei morti, fecero presa nel cuore di mia madre, visto che nella sua infanzia vide cosa era la guerra!

Così, nel corso degli anni, questa setta la fece sua e riuscì a convincere anche mio padre e di conseguenza il resto della stretta cerchia familiare intraprese questo nuovo cammino.

I ricordi della mia infanzia sono stati un conseguirsi di ore di adunanze interminabili, libri della Società Torre di Guardia da studiare come “Il mio libro dei racconti Biblici”, “Le scritture ogni giorno”, “La Torre di Guardia” ecc ecc., le lunghe passeggiate mano nella mano con mia madre nel servizio di casa in casa, il ricordo del mio primo campanello da suonare, le gambe che mi tremavano, le infamate delle persone stanche delle nostre visite e un conseguirsi di preghiere e di ciò che a Geova poteva piacere oppure no.

Un episodio particolare che rimane indelebile nella mia mente e nel mio cuore è di un dramma (rappresentazione storica fatta in costume di un episodio biblico), tenutasi in una grossa assemblea di Bologna, nel 84-85, non ricordo esattamente l’anno, dove venivano rappresentati ebrei in costume dell’epoca di Gesu Cristo che dialogavano tra loro.

Il dramma voleva che improvvisamente, fossero interrotti da un fortissimo tuono, immaginate un grande stadio come quello di Bologna, un impianto acustico molto potente, un sole cocente che picchiava sulla testa e questo tuono all’improvviso seguito da una voce tonante e onnipotente che pronunciava più o meno questa frase: IO SONO GEOVA, L’ONNIPOTENTE TUO DIO!”, non ricordo nel dettaglio le parole, ma ricordo il tono imponente di questa frase, che è rimasta per sempre indelebile nel mio cuore che mi fece piangere e che mi fa piangere tutt’ora nel ricordarlo, misto gioia e timore perchè convinto di aver sentito la voce di Geova Dio.

Avevo un fazzoletto in testa per proteggermi dal sole, che mi diede mio padre e che lo usai immediatamente per asciugarmi le lacrime dagli occhi, perchè felice e convinto di aver avuto la dimostrazione, che Geova il Dio di cui avevo sempre sentito parlare, esisteva realmente.

Questo, per spiegare come il plagio di queste assemblee e continue adunanze non siano solo mentali ma anche emozionali e di cosa possa aver provato un bambino piccolissimo.

Mi scuso in quanto le date che vi fornisco sono indicative, perchè sono ricordi vividi nella mia testa, ma trovo difficoltà a collocarle nel tempo.

Premetto, che alla mia nascita si sposò la sorella maggiore e ho vissuto i miei primi 6 anni, insieme all’altra mia sorella che si sposò nell ’86. Credo che sia stato nell 87/88 che successe qualcosa che sconvolse la mia famiglia.

Mio padre, allora servitore di Ministero (ruolo che si ricopre prima di diventare anziano di congregazione), venne dissassociato, per motivi di privacy non posso rivelare la motivazione.

Ricordo quella sera dell’adunanza, vidi che c’era qualcosa che non andava, mio padre con il volto scuro, fu accompagnato insieme agli anziani della congregazione nello stanzino dove veniva distribuita la letteratura e vennero tirate le tende nella piccola vetrata.

Quando uscì ebbi una sensazione come se stesse per svenire.

Non ricordo se quella sera tornò a casa da solo, ma una volta a casa, lo ricordo piangere.

Si mise subito a letto e continunò a piangere.

Io, che ero solo un bambino, vedere in quella situazione mio padre, mi procurava dolore, lo ricordo come se fosse ora e chiesi a mia madre: “mamma, che cos’ha fatto il babbo?e lei mi rispose: “niente non insistere, queste cose non si possono sapere, vai nella tua stanza!”.

Sentii vocifefare mia madre cercando di tranquilizzarlo dicendogli: ” non ti preoccupare, passerà, Geova perdona tutti!”

Ma questo non fu niente in confronto al periodo successivo, perchè abituato a vedere mio padre fare discorsi e preghiere sul podio e essere salutato da tutti i fratelli, passò allo ostracismo più assoluto, seduti nelle ultimissime file per farsi notare il meno possibile e dove mia madre ed io venivamo salutati e mio padre ignorato completamente e questa cosa per me era incomprensibile e inaccettabile.

Ricordo che all’epoca doveva passare all’incirca un anno prima di essere riassociato ed è quello che fece. In quell avvenimento capii che DISSASSOCIAZIONE = DOLORE.

Arriva il momento della scuola, quindi il relazionarsi con i propri coetanei ed ecco le prime differenze.

Prima fra tutte, avere una maestra di sostegno durante l’ora di religione e le prime domande dei compagni di scuola del perchè non stessi con loro in quell’ora.

Poi, i compleanni, ricordo perfettamente quando una mia compagna mi disse: “Dai, mangia un pezzo di torta, cosa vuoi che sia?” e io: “No! La mia religione me lo vieta! Noi non festeggiamo i compleanni!”.

Ricordo come se fosse ieri, quando mia madre mi incoraggiava assolutamente a non partecipare e a non mangiare la torta, perchè era un’usanza pagana e non era approvata da Geova.

Immaginate un bambino di 6/7 anni, nel doversi giustificare nell’astenersi ad un compleanno, uscendo addirittura dalla classe, quando tutti gli altri compagni mangiavano un innocente pezzo di torta!

Poi, le feste di carnevale, quando tutti i bambini ritagliavano la carta per creare delle maschere e colorarle, io dovevo astenermi anche da questo.

Per non parlare del Natale, ricordo perfettamente quando si dovevano creare e colorare addobbi natalizi, che suscitavano in me una grandissima attrazione, come il cono di carta con la pasta da incollare, per creare una sorta di alberello di natale, non l’ho mai potuto fare.

Questo per descrivere la frustazione che c’era in me, da una parte, la voglia di partecipare e di fare queste cose, dall’altra, mia madre che mi diceva che a Geova non avrebbero fatto piacere e che un giorno il grande giorno, Geova avrebbe portato Harmagedon e avrebbe distrutto tutte queste cose!.

Un ricordo particolare, ce l’ho assieme ad un mio tutt’ora carissimo amico , anche lui come me, ex Testimone di Geova, ed era per la festa della scuola.

Questo mio amico, era stato scelto dalla maestra come porta bandiera.

Naturalmente dovette rinunciare, perchè a Geova queste cose non piacevano, quindi mentre tutti gli altri festeggiavano nel cortile della scuola, io e lui, eravamo sul retro a giocare a settimana e ancora oggi mi racconta di come io lo incoraggiassi dicendo: “Non ti preoccupare, arriverà Harmagedon e li distruggerà tutti!”.

Ho voluto citare questo episodio per far capire come gli insegnamenti instillati sin da piccolissimo che prima appaiono noiosissimi, poi vengono assimilati nella mente e di conseguenza finisci per crederci veramente.

Naturalmente, il mio sociale, era ristretto alla cerchia della congrega e all’età di 10 anni, più o meno, incominciai a provare il desiderio di fare i primi discorsi sul podio di 5 minuti, che si tenevano il giovedi sera, quando per la scuola del Ministero Teocratico durante la stessa adunanza si veniva divisi in due gruppi, all’epoca nella vecchia sala dove eravamo c’era una sorta di rientranza, dove ci stavano al massimo una quindicina di persone e veniva tirato un separè a soffietto di color marrone e si dividevano così in due gruppi: sala A e sala B.

Solitamente, il giovane proclamatore semplice che iniziava questa scuola teocratica, facendo discorsi da 5 minuti incominciava nella sala B.

Ricordo ancora quale emozione provai la prima volta ad espormi leggendo il discorso scritto con la vecchia macchina da scrivere su un foglio di carta da mio padre, davanti a così poche persone.

Questo perchè spinto dal fatto che il mio coetano, figlio di un anziano di congregazione, aveva iniziato prima di me questa scuola, quindi si innescò in me una sorta di competizione, se lo fa lui, che peraltro era anche più piccolo di me, lo posso fare benissimo anch’io.

Poi il tempo passa.

Siccome mia madre ci teneva a darmi il meglio sull’insegnamento nella conoscenza della Bibbia, all’età di 12 anni, pensò di farmi proseguire lo studio biblico da un ragazzo, allora zelante servitore di Ministero, perchè più preparato.

Tale scelta non fu dettata dalla sua poca conoscenza al riguardo, ma sul fatto che potessi apprendere meglio e magari prestassi più attenzione dal momento che non faceva parte del nucleo familiare.

Di li a poco, iniziarono “le prime pressioni” da parte del servitore del Ministero chiedendomi se mi sentissi pronto a fare il passo del battesimo, poichè mi spiegava che oramai era da tempo che studiavo e che sarebbe stato saggio che avessi preso una decisione e quindi fare parte ufficialmente del popolo di Dio.

In quel periodo, vorrei ricordare che le mie principali amicizie anche se andavo a scuola erano comunque i figli di altri testimoni di Geova, il mio sociale era prevalentemente per non dire totalmente all’interno della congrega.

Anche perchè si scoraggiavano, anzi vietavano le cosiddette “amicizie del mondo” e le ore passate alle adunanze, incominciavano essere sempre più pesanti (immaginate un ragazzino di 12 anni, dover stare 5 ore alla settimana per 3 giorni a sedere da una a due ore alle adunanze, più 4 ore settimanali in giro per l’opera di predicazione, quando magari invece preferiva essere a giocare altrove, per non parlare dell’assemblee di distretto o di circoscrizione specialmente d’estate sotto il caldo soffocante), siccome in quel periodo c’eravamo trasferiti nelle nuove sale del regno, da poco costruite, i giovani fratelli venivano impiegati in quello che si considerava “privilegio”, fare il microfonista (essendo le file di posti a sedere più ampie e la sala molto grande, si facevano uso di queste aste con microfono di modo che allo studio della Torre di Guardia con domande e risposte, chi sedeva nei posti centrali e desiderava commentare, potesse essere raggiunto con questa sorta di asta con microfono per dare la possibilità di farsi sentire da tutti).

Poi c’erano gli “usceri”, con tanto di cartellino nel taschino della giacca, con scritto appunto “usciere”, che se ne stavano per tutta l’adunanza in piedi in fondo alla sala del regno, il loro compito era quello di accogliere le persone all’interno, contare i presenti e “vigilare” sull’adunanza.

Questi “privilegi”, visti da un ragazzino come me, venivano considerati una sorta di modo alternativo per poter partecipare alle adunanze e quindi renderle meno noiose e perchè no, rendermi visibile magari anche a qualche ragazzina.

Tutto questo per un proclamatore semplice non battezzato, non era possibile.

Questi privilegi si potevano avere solo se battezzati!

Avevo all’incirca 13 anni e l’unica vita che potevo immaginarmi era quella all’interno della congregazione, anche perchè non ne conoscevo altre, non ne ho mai avuto modo. Quindi, il mio pensiero fu: “Se questo è il futuro che mi aspetta, tanto vale battezzarmi cosi da poter godere di alcuni privilegi e rendere il tutto meno noioso.”

Voglio fare presente, che in quel periodo, realmente credevo in quello che facevo, ma nonostante tutto, mi era anche tremendamente noioso.

Così decisi di accogliere la richiesta fattami dal servitore di ministero e decisi di battezzarmi.

Ricordo di un libro, che veniva fatto studiare prima del battesimo, dove c’erano una sorta di esami pre-battesimo.

Quando, questo servitore di Ministero, mi faceva le domande da suddetto libro, ricordo ancora le sue espressioni quando mi arrancavo a rispondere, se fosse stato un’esame di scuola, sarei stato bocciato sicuramente, ma nonostante tutto, vedeva che c’era la voglia in me, di voler fare questo passo.

Poi intervenne mia madre, con una frase che non mi sarei mai aspettato, che mi disse: “ Sei sicuro? Perchè io non ti vedo ancora pronto. Aspetta, fai passare un altro po di tempo.”

E io, ormai pompato nello spirito dal servitore di Ministero, decisi di andare avanti con la mia decisione.

Così che alla prossima assemblea di circoscrizione, tenutasi a Imola, all’età di quasi 14 anni, mancavano pochi giorni al mio compleanno, mi battezzai.

Ripensando ora alle due domande che vengono fatte prima del battesimo in acqua, la prima che chiede se ci si pente dei propri peccati e se ci si è dedicati a Geova per fare la sua volontà: e fin quì tutto bene, ma la seconda è quella che ora io considero inquietante: Se si comprende che la propria dedicazione e battesimo ti identificano come Testimone di Geova “ASSOCIATO alla sua ORGANIZZAZIONE diretta dal suo spirito”.

Quindi, a quale importanza si da all’organizzazione!

Ricordo all’uscita dalla stanza di battesimo, dov’era allestita con una vasca molto grande, detta piscina e i fratelli che attendevano all’esterno pronti ad applaudire i neo-battezzati.

Tutto ciò fu molto emozionante e non faceva altro che incoraggiare ad andare avanti nel ruolo di servitore di Dio, ma soprattutto, ragionandoci ora, alla sua organizzazione.

Poi finalmente arrivarono i privilegi, incominciai a fare il microfonista, l’usciere e addirittura ricoprire la mansione come addetto all’ acustica (l’addetto che stava in questa sorta di mixer dove regolava il volume acustico in base all’oratore, alzava e abbassava l’asta del microfono dell’oratore e inseriva i cd dei cantici di lode a Dio) finalmente diventava tutto meno noioso.

Compiuti i 14 anni, entrai nel “mondo” del lavoro e ci fu un vero e proprio sconvolgimento della mia persona.

Perchè, per la prima volta uscìì da quella campana di vetro a cui ero abituato a vivere e incominciai a relazionarmi con persone molto più mature di me, che non facevano parte della congrega dei testimoni di Geova, ma anzi, detestavano il mio credo.

Ricordo le prime discussioni e di come mi difendevo, ma le pressioni alle domande che mi venivano fatte, non ero in grado di sostenerle ed ebbi dei dubbi in ciò che credevo.

E da qui ci fu un concatenarsi di emozioni e sofferenze che mandarono in crisi la mia coscienza.

C’era un mio collega di lavoro, allora appena maggiorenne “donnaiolo” che vista la mia curiosità nell’altro sesso, mi incoraggiava ad essere un pò più “sveglio”, quello che io consideravo farmi cadere in tentazione e mi diceva: “ci vuole ribellione“.

Questa frase, non fece altro che rimbombare nella mia mente, perchè da un lato mi suonava come libertà, dall’altro le uniche volte che sentii questa frase, era assocciata a Satana il Diavolo, il padre della ribellione.

Avendo avuto appena 15 anni e con gli ormoni impazziti, non ci mise molto a mettermi in crisi, nonostante che io, sostenessi la mia tesi, che i rapporti sessuali si devono avere dopo il matrimonio.

Ma inutile a dirsi, lo spirito era più debole della carne.

Un giorno, mentre svolgevamo un lavoro a Milano Marittima, al ritorno dovendo passare per la statale adriatica, si fermò davanti a due “signorine” e mi disse: “Dai vai, pago io!”, rifiutai per orgoglio, come potevo cedere ad una proposta del genere, quando fino a due minuti prima, volevo sostenere la mia tesi?

E cosi andammo avanti.

Ma quella cosa mi segnò.

Poi, successe quello che allora pensai l’irreparabile e caddi in una tentazione.

Da quel giorno, mi perseguitò un senso di colpa, inimmaginabile, mi sentivo un peso insopportabile, come poteva un servitore di Dio, battezzato da poco più di un anno essere caduto in una tentazione cosi grande?

Ma la cosa che mi spaventava maggiormente era doverne parlare con degli anziani che a mio parere mi avrebbero sicuramente disassociato e pensare al dolore che avrei procurato ai miei genitori, in quanto sapevo benissimo COSA VOLEVA DIRE ESSERE DISASSOCIATO.

Quindi, decisi di tacere tutto e pregavo intensamente Geova che mi avesse perdonato, anche se sapevo che non stavo facendo i passi giusti da fare, ma meglio portarsi dentro una vergogna così grande che procurare un grande dolore ai miei genitori. Pensavo!

Così che mi impegnai maggiormente nelle attività di congregazione.

Siccome nella nostra congregazione c’erano dei fratelli sordo muti e lo stesso servitore di ministero che mi faceva lo studio era un traduttore di L.I.S (Lingua Italiana dei Segni), decisi di associarmi a loro in quest’opera caritatevole e quando mi fu chiesto di partecipare ad una scuola interna alla congregazione per imparare questo nuovo linguaggio, decisi di accettare.

Questo mi diede il modo di conoscere fratelli e sorelle della congregazione di Rimini ed incominciò questa associazione che spesso ci portava ad andare a Rimini.

Quell’estate, conobbi una sorella che non faceva parte del discorso L.I.S., era più grande di me, aveva 20anni, io quasi 16 anni (fisicamente dimostravo più della mia età), scattò una scintilla, siccome non era possibile uscire da soli, ed io non ero patentato, approffittavo in qualsiasi modo di altri fratelli, che si assocciavano con quelli di Rimini, per poterci vedere.

Ricordo in particolar modo un episodio, quando in spiaggia uno davanti all’altra, ci guardammo intensamente negli occhi, lei con un dito mi accarezzò il braccio, che emozioni incredibili mi sentivo al settimo cielo!

Eppure questa cosa fece un scalpore incredibile, agli occhi di un mio coetaneo, che lo fece subito presente al padre, anche lui li presente.

La domenica successiva, finita un’adunanza, vidi il padre di questo fratello parlare con gli anziani di congregazione e i miei genitori e poi venni “ripreso” dicendo: “certi comportamenti, non erano cristiani e che avrebbero potuto portare ad altre conseguenze“.

Questa cosa, incominciò a far crescere in me, una grandissima rabbia, perchè non potevo comprendere come un atto cosi innocente e altrettanto meraviglioso, potesse essere scambiato come qualcosa di molto più pericoloso. (quello stesso coetaneo con il tempo poi fu disassociato per il mio stesso “peccato”!).

Piano piano il tempo passa, divento sempre più ragazzo e all’età di 17 anni, incominciai ad avere i miei gusti personali nel vestirmi e nell’acconciarmi.

Due episodi fecero crescere in me, una rabbia sorda, primo fra tutti, fu una domenica, quando mi cambiai per andare ad una adunanza, avendo acquistato un paio di calzoni eleganti, piuttosto aderenti.

Questo fece andare su tutte le furie mio padre, dicendomi che non era un abbigliamento cristiano.

Ricordo che litigammo, ma io la ebbi vinta, molto probabilmente dopo quell’adunanza, qualche anziano avrà parlato con i miei genitori così che al rientro a casa mi fu vietato di indossarli nuovamente.

Un altro episodio, fu quando andai dal barbiere e per cambiare un pò stile nel taglio, mi fece le basette a punta (che arrivavano a metà orecchio).

Questa cosa, incuriosì molto un anziano che mi avvicinò e mi disse: “Sai, non è cristiano avere certe acconciature, perchè dobbiamo dare un immagine di noi stessi che è diversa dal resto del mondo“.

Li per li, gli diedi ragione anche se nel mio dentro, lo avrei voluto mandare a quel paese.

Questi e tanti altri piccoli avvenimenti, che ora, non sto a scrivere perche ci vorrbbe un libro intero , hanno fatto si di accrescere in me, quella voglia che poi associai a quella famosa frase che mi venne detto che ci voleva: “Ribellione”.

Poi nel 1997/98 appresi la notizia di disassociazione del mio più grande amico(quello appunto della scuola che gli era stato chiesto di fare da porta bandiera) fu esattamente peggio che la perdita di un fratello di sangue!

Ecco tornare nuovamente il dolore della disassociazione!

Era peggio di una coltellata in pieno petto!

E gli anziani stessi mi dissero che non lo dovevo assolutamente frequentare perche sarei potuto finire nei guai pure io.

Se solo sapessero cosa facevo insieme ad altri fratelli in quel periodo! (nonostante tutto la nostra amicizia era molto più forte del credo e continuammo a vederci ugualmente di nascosto e tutt’ora siamo grandissimi amici).

In quel periodo, che stavo vivendo con ribellione, all’interno della congregazione, mi associai a un piccolo gruppetto di fratelli, più grandi di me, di cui godevano stima, sia i miei genitori, che gli anziani di congregazione e incominciammo a fare uscite che io definirei “sottocopertura”, andavamo nelle birrerie, in qualche locale da ballo e addirittura in degli strip-club (successivamente uno di questi gli fu data la nomina di anziano di congregazione).

Questo era per noi un modo di evadere, da quel mondo che ci soffoccava e che non ci avrebbe altrimenti permesso assolutamente di vivere queste esperienze sulla nostra pelle, poi io e un altro mio carissimo fratello di fede, incominciammo a frequentare un’altra congregazione e li conobbi una sorella. All’epoca avevo 18 anni e mezzo e lei 24, l’ho corteggiata per un periodo che all’epoca consideravo lungo, ma si sa, certe emozioni, quando si è molto giovani, il tempo sembra essere infinitivamente lungo. Dopo varie piccole peripezie incominciammo a frequentarci assiduamente e ci fu una sorta di vero e proprio “fidanzamento”.

All’epoca lavoravo presso una ditta e smontavo alle 17 del venerdi, andavo a casa, facevo una doccia, partivo alle 19 e nel giro di neanche un’ora, arrivavo presso la sua abitazione, per poter stare un pò insieme. Poi, alle 23, puntuale come un orologio, la madre di lei, mi invitava ad andare a casa, così da essere a casa mia entro la mezzanotte. Lo stesso per il sabato mattina, partivo alle 8 e ripartivo alle 23 e così anche la domenica.

Tutto questo continuavo a farlo per tre volte alla settimana il fine settimana per svariati mesi 6 se non ricordo male!

E qui successe un episodio, una domenica, presso la congregazione di lei, si avvicinò a me quello che lei considerava il suo “padre spirituale”, avendo il padre naturale non credente.

Mi chiamò alla fine di un adunanza, con fare autoritario e come se chiamasse un cane al riporto!

Mi chiese che intenzioni avessi con la sorella e quali sarebbero stati i miei obiettivi da raggiungere nella congregazione, penso che allora fu una sorta di esame per capire l’interessamento che avevo verso questa ragazza, anche se ora, ripensandoci, mi sembrava che lui avesse un interesse troppo “morboso” nei suoi confronti.

Da li a poco tempo, un mercoledì sera, verso le 20, mi chiamò lei, piangendo, dicendomi che non potevamo stare più insieme, questa cosa mi dispiacque molto e ci rimasi molto male.

Ma, dall’altra parte del mio cuore, pensavo che forse era la giusta punizione che meritavo per lo sbaglio e il peccato che avevo commesso anni prima e che questa era la punizione che mi dava Geova, anche per il comportamento poco cristiano che seguivo negli ultimi tempi insieme agli altri fratelli che frequentavo.

A questo punto ci fu una svolta definitiva…oceani di pensieri pervadevano la mia testa era come se avvennisse una sorta di tempesta con onde alte metri e metri dentro il mio cervello e al mio cuore che avevo trasformato in un blocco di roccia pesante da portare nel mio petto!

I miei ragionamenti erano:”come potevo pensare di andare avanti in questa storia e magari sposarmi sapendo di aver precedentemente peccato di carne e quindi pena l’espulsione?…(tengo a precisare che all’epoca si rischiava la disassociazione o nella migliore delle ipotesi, la rimozione dei privilegi, solo se si veniva visti con una sigaretta nelle mani …quindi figuriamoci io!)…chi volevo ingannare?”.

Potevo andarmi a confessare!

Si ma se potevo avere una piccola possibilità di rimettermi insieme a lei me la sarei potuta bruciare, anzi ne ero convinto!

Come facevo ad andare a predicare alle persone quando io stesso molte volte sentendo domande che prendevo per scontate mi mettevano in difficolta? (e fu proprio li che incominciai a vacillare nel credo).

Come ho potuto passare 4 anni portandomi dietro il peso di un peccato grave e alla fine stare male sapendo che in congregazione queste cose sono punibili?

Ero veramente convinto?

Se anche mi fossi pentito volevo rimanere veramente all’interno della congrega?

Uscire, provare svaghi “mondani” mi piaceva e come se mi piaceva, quindi rimanere all’interno era quello che volevo veramente?

NO , non era veramente quello che volevo!

É quello che hanno sempre voluto i miei genitori pensavo!

Arrivai alla conclusione che tutto quello che facevo lo sempre fatto perchè ero stato cresciuto all’interno della congrega e dove molto spesso si da più importanza nell’apparire che a quello che si ha interiormente, l’importante era essere sempre presenti alle adunanze.

GUAI, per i miei genitori saltarne una!

GUAI saltare le comitive del sabato pomeriggio e della domenica mattina visto che andavo a scuola dal lunedi al sabato e l’unico giorno che potevo stare un pò più a letto era la domenica, ma puntualmente mio padre mi svegliava perche diceva:”dobbiamo andare in servizio, svegliati!”.

DOBBIAMO..questo era il verbo con cui potrei racchiudere tutto il periodo vissuto nei testimoni di Geova, il dovere andare alle adunanze il dover andare in servizio, dover prepararsi per lo studio torre di guardia dover prepararci per lo studio di libro (che all’epoca si teneva il martedi sera magari a casa di qualche fratello, noi stessi a casa nostra ne abbiamo tenuti) “DOVERE” e “NON POTERE!” solo obblighi e divieti il tutto camuffati da un falso libero arbitrio!

Entrambi giustificati dal fatto che quello era il volere di Geova, che comunque aveva deciso, tramite la sua organizzazione, le regole per quello che veniva definito “il nostro bene”.

Dentro di me si era creato l’astio verso questa setta e come per ripicca incomincia a fare tutto quello che non si doveva fare!

Incominciai con l’andare alle adunanze con quei calzoni che precedentemente mi erano stati vietati, portare le basette a punta con perdipiu farmi crescere il pizzetto e nella mia testa pensavo:”che provino avenirmi a dire qualcosa!”… ma non fecero in tempo perche decisi di far qualcosa di ancor più rivoltoso e ribelle..smettere di andare in servizio e alle adunanze…mi ero stancato di essere una sorta di operaio che doveva marcare cartellino puntualmente ed incominciai a saltare turno per due settimane poi tornavo poi un’altra settimana poi tornavo per una adunanza..era incredibile il senso di libertà che provai a saltare le adunanze in quella maniera..non l’avevo mai potuto fare prima perchè era visto come una sorta di irrispettosità verso Geova e immancabilmente sarebbero arrivati gli anziani come condor per sapere il motivo della non partecipazione!

Quanto dolore leggevo negli occhi dei miei genitori!

Sapevo che gli stavo facendo un male immenso, mi rattristava tutto ciò, ma il mio ultimo pensiero fu:”che faccio, rimango dentro l’organizzazione e continuo a fare una vita da “pecora” e faccio felici tutti i miei familari reprimendo il mio animo,magari mi pento e chissa riparto da zero? Oppure, prendo in mano la mia vita e faccio cio che mi possa rendere realmente felice senza nessuna cosa imposta da un regolamento ferreo fatto o spacciato spesso come un falso libero arbitrio?”

Qalcuno leggendo queste parole prenderebbe per scontato che la decisione più logica sia la seconda!

Epure non è stato affatto così, anche se ero in pieno ribellione e avrei mandato tutti a quel paese, dentro di me c’era ancora il timore di Geova, ma troppe cose non andavano dentro la congregazione, avevo assistito a troppi sbagli umani, c’erano anziani che predicavano bene riprendevano e poi erano i primi a sbagliare!

Figli di anziani che commettevano “peccati” tipo fumare una sigaretta e al massimo essere ripresi e figli di proclamatori semplici che per lo stesso motivo venivano disassociati!

Allora mi chiedevo dove fosse Geova in tutto questo!

Oramai ero arrivato ad un bivio e stanco e carico di tutti questi avvenimenti arrivò il giorno in cui andando a quella che fu l’ultima adunanza (se non ricordo male fu un giovedi sera) dove gli anziani mi chiesero di parlare.

Cosi mi portarono in una delle salette all’interno dello stesso edificio, e li mi chiesero se c’era qualcosa che non andava, perche, mi dissero, che mi avevano visto molto inattivo nell’ultimo periodo, e se potevano aiutarmi in qualche modo.

Io dissi:”si! c’è qualcosa che non va!”e incominciai a raccontare quello che successe 4 anni prima e che mi schiacciava il cuore sapendo di aver mentito fino ad allora, cosi partì tutto l’iter di domande investigative del perchè e per come, volendo sapere tutto nei minimi dettagli.

Mi sentii male piansi, ma il mio cuore era in pieno ribellione e la mia mente non sopportava più regole e doveri!

Così mi chiesero di uscire poi dopo circa 20 minuti, mi chiesero di rientrare e mi dissero di volermi vedere il giorno dopo, alle 16°°.

Il giorno seguente, andai con la mia auto, alla sala del regno, sapendo di cosa mi aspettava, ma perchè convinto di ciò che volevo, così andammo in quello che era il seminterrato della sala e fui accolto da 4 anziani.

L’anziano che presiedeva il comitato giudiziario, tra l’altro all’epoca era anche il mio collega di lavoro.

Si misero a sedere in silenzio e parlò solo lui.

Non ricordo quali furono esattamente le parole, ma di una cosa ricordo molto bene, mi chiesero se mi fossi pentito di ciò che avevo fatto, in tutta risposta, lo guardai e gli dissi: “di cosa? di qualcosa che mi ha fatto piacere? No, non mi pento!”.

A quel punto, mi guardò in maniera indignata e mi disse che come comitato giudiziario dei testimoni di Geova, avevano deciso di disassociarmi e che non avrei dovuto più avvicinare alcun membro della congregazione, tanto meno salutare e non avere più nessuna associazione con loro.

Poi mi incoraggiò a riflettere e a pensarci bene, di ravvedermi, prima che fosse troppo tardi perchè il tempo della fine era sempre più vicino.

A quel punto mi alzai e dissi: “grazie e arrivederci!”.

Uscito dal seminterrato della sala del regno, che era una sorta di “bunker”, mentre salivo le scale e percorrevo il tratto di sentiero per arrivare alla mia auto, lo ricordo come se fosse adesso, mi sentii leggero, tolto di un peso enorme, che mi soffocava da anni, era come volare, sentivo la mia mente leggera, una sensazione di libertà indescrivibile, sapevo che nessuno più mi avrebbe detto cosa dovevo e non dovevo fare, finalmente mi sentii libero.

Sentivo di aver preso finalmente in mano la mia vita, avevo 19 anni e volevo spaccare il mondo, naturalmente queste decisioni ebbero delle conseguenze, prima fra tutte il rapporto con i miei genitori in casa, tornò quel buio che vidi anni prima con mio padre, ma con la differenza che me la sono cercata io.

In quel periodo, ricordo le frasi di mia madre che mi diceva: “è come avere un figlio morto in casa!”.

Anche se mi ferivano, cercavo di farmele scivolare, così incominciai la mia vita “mondana”, fatta di nuove amicizie, locali notturni, donne e racchiuderei questo periodo, facendo un esempio molto semplice: immaginate una molla tenuta pressata per anni ed improvvisamente lasciata andare, questa schizzerà da tutte le parti…questo fu quello che feci esattamente io.

Durante questo periodo, ho incontrato anche le cosiddette “cattive” compagnie, ma avendo avuto fortunatamente un carattere forte e un insegnamento da parte dei miei genitori, buono, quindi non tutto è venuto per nuocere, ho saputo distinguere il bene dal male, così da non dovermi trovare in “guai veri”.

Continuai a ricevere varie pressioni da parte dei miei genitori, sul ripensarci a pentirmi e quindi rientrare nella congrega non tanto per il credo in se stesso, ma usando le parole di mia madre: “almeno fallo per avere una vita normale tra di noi“.

Pensate a mia madre disperata che mi chiede di rientrare almeno per non avere difficoltà loro stessi con gli altri fratelli, magari invitarli a casa per cena, per studiare una torre di guardia, cose che prima della mia disassociazione si facevano.

E non avere qualche anziano con il fiato sul collo, per sapere la nostra situazione familiare, tanto è vero che in varie occasioni mio padre, mi disse che gli anziani dopo la mia espulsione, anche a diversi anni di distanza, chiedevano di incontrarmi, naturalmente la mia risposta è sempre stata negativa, perchè io con quelle persone non avevo PIU’ NIENTE A CHE FARE.

Cito brevemente l’episodio di un mio amico, anche lui fuoriuscito molti anni prima di me che a differenza mia, ha subito un totale ostracismo da parte dei propri genitori, con il tempo, questo ragazzo diventò padre, per far vedere il proprio figlio ai nonni, in casa poteva entrare solo sua moglie, lui stesso mi confessò di non sostenere più quella situazione e che stava pensando, di rientrare per regolarizzare la sua posizione all’interno della sua famiglia, naturalmente la mia risposta fu obiettiva e gli dissi che era giusto che avesse fatto quello che riteneva più opportuno, ma che se lo avessi dovuto fare io, sia per una questione morale che di principio, non sarei mai sceso a questi compromessi.

Il rapporto con le mie sorelle, all’epoca non cambiò tanto, poichè una diventò insieme a tutta la sua famiglia, “inattiva” nell’ambito della congrega e con la sorella maggiore, non saprei definire esattamente il rapporto, perchè l’ho sempre vissuta molto poco.

Le cose cambiarono più avanti con i nipoti, quando quest’ultimi cominciavano a fidanzarsi e consecutivamente sposarsi, quindi all’interno della congrega, dovevano sembrare bravi fratelli, di conseguenza, avere rapporti con me, li avrebbe penalizzati.

Quindi hanno minimizzato al minimo indispensabile i rapporti, per fare un esempio: se per caso dovessi capitare a casa dei miei genitori e i miei nipoti si trovassero li, si limiterebbero ad un saluto se non addirittura a “scappare” se sapessero prima del mio arrivo.

Ricordo di una lettera che mi scrisse la mia sorella maggiore, subito dopo la mia disassociazione, non ricordo che fine abbia fatto, ma ricordo soltanto parole di dolore e le macchie di lacrime che c’erano sulla stessa.

Capì che avevo addolorato tutta la mia famiglia, ma sapevo anche che era il prezzo da pagare per quella che era la mia libertà individuale, forse allora la potevano prendere come una mia decisione egoistica, ma il tempo ha dimostrato che non fu cosi.

I successivi 4 anni dalla mia fuoriuscita dalla congrega, li ho vissuti come una sorta di limbo dove il mio unico scopo era quello di divertirmi e provare tutto quello che non ho mai potuto fare prima.

All’eta di 23 anni, conobbi quella che tutt’ora è mia moglie e che mi cambiò.

Fu davvero una manna dal cielo, con lei incominciai a vivere tutte quelle cose che si fanno in una normalissima famiglia, quindi le varie festività, come i compleanni, il piacere di stare in famiglia a Natale, lo scambiarsi i doni, tutte cose che ero stato programmato a vederle come esclusivamente pagane e quindi sataniche e degne di distruzione.

Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, perchè non abituato a cosi tante dimostrazioni di affetto e di amore e capii che “il mondo”, come mi avevano sempre fatto credere, fatto di droga, alcool, sesso e qualsiasi sorta di impurità, non era del tutto così. E che quelle persone che fino a qualche anno prima pensavano andassero a distruzione eterna, non erano poi cosi malvagie.

Nel 2006 poi successivamente nel 2007, provai le gioie di diventare padre di due splendidi bambini e successivamente nel settembre del 2007 mi sposai. E qui, ci fu nuovamente uno scontro con il mio passato.

Qualche mese prima del nostro matrimonio, io e mia moglie venimmo invitati a casa dei miei genitori, i quali, dissero che volevano parlarci. Iniziò mio padre il discorso, dicendo che al nostro matrimonio, non avrebbero partecipato e disse questa frase:”sai benissimo la tua situazione e noi non possiamo festeggiare con le persone disassociate, quelle che nella bibbia vengono definite le mele marce“.

Io lo guardai e gli chiesi se lo faceva apposta o diceva sul serio, ma vidi negli occhi di mio padre e di mia madre che quello che dicevano, non era assolutamente quello che pensavano nel loro cuore. Cosi che intervenì mia moglie dicendo: “Se fosse in vita mio padre, penso che sarebbe stato il primo a venire al matrimonio di sua figlia, ma per motivi più che evidenti, non potrà esserci!”.

Rimasero in silenzio, alchè preso da una forte rabbia, dissi che se era quello che volevano, allora da quel momento avremmo anche smesso di andare a mangiare qualche volta a casa loro e che non avrei fatto vedere nemmeno i loro nipoti. E andammo via. Mia moglie mi disse che non era una cosa giusta, non fare vedere più i bambini, perchè sarebbero stati male inutilmente loro e i miei figli.

Poi, poco più avanti, ci diedero la notizia che avrebbero partecipato; solo qualche tempo più tardi, venni a conoscenza di cosa successe realmente.

I miei genitori, furono “puniti” per la loro decisione presa, togliendoli temporaneamente i “privilegi” all’interno della congrega.

Questo fu quello che io ritenni essere un grande atto d’amore, di un cristiano credente a Dio.

Quando parlo di falso libero arbitrio, come più volte ho riportato, intendo proprio questo, perchè da una parte, ti dicono di agire per propria coscienza, ma se la coscienza non va di pari passo con il regolamento interno, pena è la punizione.

Mi piace racchiudere tutto questo con un esempio di facile comprensione: immaginate di portare vostro figlio davanti all’uscio di casa, fuori è una bella giornata, c’è il parco, con gli scivoli e l’altalena e dite a vostro figlio: “vai a giocare se vuoi, esci da questa porta, ma ricordati, che se oltrepassi questa porta, ti arrivo un ceffone“.

Immaginate in quale sorta di confusione mandiamo questo bambino, sicuramente si ritrarrà e rientrerà in casa.

Questo è esattamente quello che intendono come libero arbitrio i Testimoni di Geova.

Il tutto fatto e studiato per tenere le persone legate mentalmente a quella che è questa setta.

Poi un giorno per caso, sempre il mio carissimo amico che in precedenza fu disassociato, mi manda una e-mail dicendo: “Vai a vedere in internet su youtube, un video che riguarda i Testimoni di Geova“.

Improvvisamente è come se si fosse accesa una lampadina, decine e decine di persone che scrivevano e mettevano video, raccontando le proprie esperienze come fuoriusciti da questa setta e di come fossero stati ostracizzati dalle proprie famiglie.

La cosa mi incuriosì al tal punto, che incominciai a seguire un vero e proprio sito, dove molti miei ex fratelli di fede, si scambiavano opinioni e pareri e di come spiegassero cosa e come funzionasse all interno della congrega.

E così venni a conoscenza di come è nata la setta dei Testimoni di Geova, essendo tutto documentato!

Grazie a questo sito che spiega per filo e per segno, con tanto di documentazioni storiche, la nascita della watch-tower, di chi sia stato il suo fondatore, di chi siano stati i suoi successori, le conoscenze su cui si basavano le loro ricerche e mi si aprì un mondo del tutto nuovo perchè finalmente capii come ragionavano prima, durante e dopo.

Rimasi sconvolto a leggere di come le stesse riviste Torre di Guardia, negli anni precedenti, al 1914 poi successivamente per citare una degli ultimi tempi, quella del 1974 le quali davano per certa la fine di questo mondo e di come nell’arco degli anni si contraddice nella stessa rivista Torre di Guardia!

Se far trapianti di organi oppure no, se prendere trasfusioni di sangue oppure no e di quante persone siano morte per decisioni che queste prendevano dicendo prese dalla Bibbia.

Il tutto racchiuso in un libro bellissimo, scritto da Raymond Franz “Crisi di coscienza“, dove lui fece parte per un decennio all’interno del corpo direttivo sito a Brooklin e spiega, come venivano prese decisioni così importanti per le persone, che hanno perso addirittura la vita, per i regolamenti scritti dalla stessa, facendosi scudo falsamente della Bibbia.

Compreso il plagio, che loro definiscono deplorevole, sia la loro arma primaria, tramite le loro pubblicazioni, a cercare di tenere soggiogate le persone credenti. Sono arrivati al punto, che tutto quello che loro scrivono nelle loro pubblicazioni siano più importanti di ciò che dica la bibbia.

Quindi, il semplice Testimone di Geova, prende per scontato che ogni cosa, che venga scritta da essa, sia verità perchè si spaccia come unico canale che Dio ha sulla terra per trasmettere ai suoi discepoli.

Perchè dico questo? Perchè questo è quello che ho vissuto sulla mia pelle, ed ora ad anni di distanza, libero mentalmente da questi plagi e con la mente lucida, vedo come la mia famiglia invece pensando di essere veramente credente ad un Dio e di fare la sua volontà, non siano altro che plagiati e soggiogati da questa società multinazionale. Quindi, riprendendo le parole che disse Franz: “SONO VITTIME, DI VITTIME“.

Nel loro cuore credono veramente in questo Dio e di fare la sua volontà, non rendendosi assolutamente conto di tutta la falsità che c’è al suo interno e non gli è permesso vedere oltre, perchè se lo facessero, o facessero domande scomode, potrebbero essere ripresi o addirittura essere considerati apostati. Per quanto mi riguarda, penso di essere stato molto più fortunato di altri fuoriusciti come me, sotto l’aspetto ostracismo, o la dissassociazione stessa, sono venuto a conoscenza di persone , che al solo pensiero di dover andare davanti ad un comitato giudiziario, si sono suicidati per il timore del giudizio di questi, altri, che sono stati totalmente ostracizzati dai propri genitori, fortunatamente non è stato il mio caso, ma vorrei spiegare anche il perchè.

Primo devo dire grazie al mio carattere molto forte e combattivo forgiato da queste esperienze di vita!

Secondo devo dire grazie hai miei genitori!

Come detto all’inizio, sia mio padre che mia madre, hanno vissuto la fine della seconda guerra mondiale e sanno che cosa vuol dire la vera sofferenza, per di più mio padre ha avuto un’infanzia molto ma molto difficile già di suo e penso che nessun altro meglio di lui, sapesse cosa volesse dire soffrire..venduto piccolissimo dalla madre…si affezzionò tantissimo alla madre adottiva che successvamente mori per poi passare in collegio ecc ecc..quindi immaginate che infanzia infelice!

Questo, per spiegare quanto per primo fosse legatissimo hai suoi figli e quanto lo fossi io ancora tutt’ora a lui e di come certi legami siano riusciti a essere più forti del loro stesso credo!

A volte quando mi trovo a parlare con loro li sento straconvinti in cio che credono, io ribatto con la mia conoscenza di ora! ma rimangono nella loro idea..a volte penso che si siano fatti molte domande o che vedano che qualcosa non vada dentro la congrega..ma rendendomi anche conto che oramai la loro vita sociale e quindi tutte le loro amicizie siano solo unicamente all’interno della stessa e che all’eta di più di 70 anni ormai e 50 anni all’interno della setta..non ci sia più niente da fare…dove potrebbero andare?

Sono arrivato alla conclusione di pensare che fossero persone deboli di carattere e che senza niente a cui credere non avrebbe ragione la loro vita di andare avanti.

Però si sa nella vita mai dire mai e chissà!

Di certo oggi sono felice delle decisioni prese allora e di essermi riappropiato della mia vita! e farò in modo che non succeda mai una cosa del genere hai miei figli ,dovranno essere liberi nelle loro decisioni e lontani da certe falsità!

Tutt’ora ci sono persone attive perchè cose di questo genere non accadano più ed io pesonalmente spero che nel mio piccolo possa aver contribuito a far riflettere quelle persone che stanno mostrando interesse verso questa setta e che magari stanno pensando di farne parte e altre che sono all’interno rileggendo queste righe, magari, si riconoscono in maniera parallela a qualche episodio e che le aiuti a riflettere e aprire gli occhi!

So che quello che ho appena scritto è più facile a dirsi che a farsi perchè io stesso all’epoca quando sentivo parlare nella maniera che pensavo fosse discriminatoria nei confronti dei testimoni di Geova, anche se quello che sentivo faceva riflettere ed era giusto, non riuscivo a filtrarlo come cosa positiva, ma come cosa negativa contro la società e di conseguenza contro Geova, non si riesce a fare distinzione o per lo meno non si riesce ad essere obiettivi quando si è all’interno, qualsiasi considerazione discutibile sulla congrega venga fatta, viene screditata dal testimone stesso, per fare un esempio: riguardando un’intervista fatta anni fa a due esponenti della Torre di Guardia, della Betel di Roma e vedendola ora, è incredibile come queste persone, alle domande di un giornalista, rispondono in maniera che io considero, banale, scontata, girandoci attorno, senza mai arrivare a nessun punto e non rispondendo in maniera concreta alla domanda che gli viene posta. D’altro canto, il comune testimone di Geova, vedendo la stessa intervista, il suo unico pensiero potrebbe essere quello di dire “bravi, stanno rendendo gloria a Dio“, ma non si rendono ben che minimamente conto, che non danno risposte concrete alle domande che vengono fatte.

Questo per spiegare, come il plagio mentale, indotto tramite le pubblicazioni della Torre di Guardia e le continue costanti adunanze che vengono fatte ripetutamente trattando in maniera continuativa e ripetitiva gli stessi argomenti inducono il testimone di Geova, a ragionare come essi vogliono e questo è il risultato…persone che credono di pensare con la loro mente, ma non è cosi.

Questo è il racconto di come io ho vissuto all’interno della congregazione dei testimoni di Geova e che non necessariamente è così per tutti, perchè tutto varia da congregazione a congrezione, da anziano a anziano, chi è più permissivo chi meno.

Si c’è l’organizzazione Torre di Guardia che comanda, ma poi viene gestita in base alla conoscenza e cultura degli anziani stessi.

Ora come ora, non mi sento far parte di nessun credo religioso e vivo la mia vita secondo quello che io credo buoni principi morali, nel rispetto di tutti e soprattutto nel rispetto di me stesso e della mia famiglia.

S. P.

IL NOMINATIVO E’ STATO VOLUTAMENTE RIMOSSO PER VOLONTA’ DEL GESTORE DEL BLOG. PRESTO QUESTA TESTIMONIANZA SARA’ RESA PUBBLICA  PER MEZZO DI UNA DETTAGLIATA RIPRESA VIDEO. 

GRAZIE A TUTTI COLORO CHE STANNO COLLABORANDO INVIANDO LE LORO ESPERIENZE